Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 09 novembre 2024.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Come il fluido cerebrospinale (CSF) raggiunge il fegato e altri organi periferici. La scoperta aprirà sicuramente un nuovo filone di ricerca. Il fluido cerebrospinale o cefalo-rachidiano, che circola nei quattro ventricoli dell’encefalo e raggiunge il canale centrale del midollo spinale, da sempre considerato esclusivo di queste cavità e degli spazi subaracnoidei, può giungere alla periferia attraverso gli spazi che circondano gli assoni dei neuroni o “spazi periassonici”. Xinyu Li e colleghi hanno scoperto che la stimolazione dei recettori 5-HT2B sulla glia ependimale, sia da parte di serotonina esogena sia per attivazione optogenetica dei terminali, accelera una redistribuzione dal sistema nervoso centrale agli organi periferici, quali fegato e pancreas. I recettori 5-HT2B negli ependimociti del canale centrale innescano segnali di calcio inducenti la polimerizzazione della F-actina con conseguente riduzione del volume delle cellule. Con questo meccanismo il liquor può giungere al fegato dove è ricevuto dalle cellule stellate epatiche. Questo efflusso di CSF verso organi periferici costituisce un meccanismo finora sconosciuto di collegamento del sistema nervoso centrale con la periferia, e Xinyu Li e colleghi lo definiscono una nuova via cervello-corpo. [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2400024121, 2024].

 

Malattia di Huntington: scoperto il meccanismo che innesca la progressione. All’esordio clinico della malattia di Huntington il danno cerebrale è già molto grave e avanzato, così si studia per identificare i meccanismi molecolari che precedono la fisiopatologia classica e innescano la progressione. Liliana Minichiello e colleghi di un team di Oxford hanno indagato un cambiamento descritto nei primi anni Ottanta nel cervello di persone affette da malattia di Huntington, individuando nella via indiretta dei neuroni di proiezione spinosi (iSPN), interessata precocemente dalla patologia, la responsabile dell’innesco di squilibri nei livelli di dopamina con la perdita di un’importante segnalazione derivata dall’attivazione del recettore della neurotrofina TrkB. Tale squilibrio è associato ai sintomi precoci della malattia, quali i movimenti involontari anomali.

I ricercatori hanno poi accertato che GSTO2, un enzima del metabolismo del glutatione, ha un ruolo importante nella regolazione dei livelli di dopamina. Riducendo selettivamente l’attività di questa proteina nei topi, i ricercatori erano in grado di prevenire la disfunzione della dopamina e del metabolismo energetico, arrestando lo sviluppo dei sintomi motori nel topo. GSTO2 aveva la stessa deregolazione in un modello di Huntington nel ratto e nei cervelli (rari) di pazienti ancora asintomatici. [Fonti: Oxford University and Nature Metabolism, 2024].

 

Sclerosi Multipla: il meccanismo che riduce i sintomi con una dieta chetogena. Topi a dieta chetogena producevano il corpo chetonico β-idrossibutirrato (βHB), che induceva batteri intestinali a rilasciare metaboliti immunomodulatori. Il Lactobacillus murinus produceva ILA (indole lactic acid), che riduceva l’attività immuno-infiammatoria associata alla fisiopatologia della sclerosi multipla. In attesa di ulteriori studi, è ragionevole sperare in una strategia terapeutica integrativa basata su questa nuova acquisizione. [Fonti: University of California at San Francisco (UCSF) and Cell Reports, November 4, 2024].

 

Rallentato l’invecchiamento cerebrale dalla Green Mediterranean Diet. Livelli più bassi di glucosio ematico erano associati ad età cerebrale più giovane in un campione di volontari anziani sottoposti per 18 mesi alla Green Mediterranean Diet (GMD), ricca di polifenoli di origine vegetale. L’età cerebrale stimata secondo i criteri neurobiologici correnti (ventricoli laterali e ippocampo) risultava particolarmente più giovane nelle regioni critiche per la memoria (ippocampo, corteccia) e per l’elaborazione sensoriale (aree sensoriali primarie), indicando un rallentamento durante i 18 mesi di dieta del processo di invecchiamento fisiologico, che causa riduzione del volume e altri segni di atrofia. Lo studio era parte del “DIRECT PLUS Trial”, uno dei più grandi studi cerebrali mediante MRI del mondo, che include circa 300 partecipanti divisi in 3 gruppi in base alla dieta. [Cfr. Dafna Pachter et al., American Journal of Clinical Nutrition, Nov. 4, 2024].

 

Nuovo studio con oltre 250.000 partecipanti sui benefici di Omega-3 e Omega-6. Oltre ad abbassare il tasso di colesterolo, proteggere la fisiologia cerebrale e la salute mentale, i due acidi grassi insaturi hanno rivelato un’azione anti-cancro rilevante, con particolare efficacia nei giovani adulti, specialmente donne. I risultati suggeriscono che correzioni dietetiche possano risultare protettive nei confronti di uno spettro ampio di patologie oncologiche.

Alti livelli di omega-3 sono correlati a bassissima incidenza di neoplasie di colon, stomaco e polmone. Alti livelli di omega-6 sono invece associati a ridotto rischio (probabilità) di 14 neoplasie, inclusi glioblastoma e melanoma.

Lo studio, condotto dall’Università della Georgia, dimostra che i benefici di queste molecole sono indipendenti dall’indice di massa corporea, dall’assunzione di alcool e dall’esercizio motorio. [Cfr. Yuchen Zhang et al. International Journal of Cancer, visited on November 4, 2024].

 

Confronto tra cervelli maschili e femminili negli adolescenti. Corinna Torgerson e colleghi hanno condotto uno studio per verificare esistenza ed entità del dimorfismo sessuale del cervello rilevato in passato da alcuni studi. I risultati non confermano le presunte caratterizzazioni sessuali descritte in passato e, dunque, gli autori osservano che si possono rilevare più disparità nella varianza che un dimorfismo fenotipico uomo/donna; complessivamente sono nettamente più le somiglianze che le differenze morfologiche tra gli encefali dei due generi. [Cfr. Research Square – AOP doi: 10.21203/rs.3.rs-4947186/v1, 2024].

 

È vero che le lumache hanno quattro nasi come affermano molti divulgatori? Abbiamo notato l’esempio dei quattro nasi della lumaca in un commento alla nostra notula del 5 ottobre scorso “Come gustare con le zampe il sapore di mare e di appetitosi molluschi” (v.)[1], in cui si riferisce di uno studio che ha accertato nel pesce simile alla “gallinella” nostrana, detto “sea robin”, per effetto di un adattamento mediato dal fattore di trascrizione tbx3a, la presenza di recettori del gusto al termine di appendici podaliche. Ma è veramente corretto parlare dei quattro nasi della lumaca come si fa in trasmissioni divulgative e in video “educational” a uso scolastico?

In realtà, per comprendere esattamente il problema degli ipotetici “nasi” della lumaca, è opportuno considerare gli apparati recettoriali in termini evoluzionistici. Si tratta di una questione di organizzazione della esopercezione: un processo importante nell’evoluzione del sistema nervoso animale, che non ha seguito un’unica linea diretta alla separazione nei cinque sensi tipica dei mammiferi, alla base del paradigma culturale che ci porta a parlare di “nasi”.

Le lumache hanno il capo sormontato da quattro piccole antenne lievemente mobili ed estensibili, due superiori più lunghe e due inferiori più corte: le celebri “corna” delle lumache della cultura popolare. Tali piccole appendici meritano la definizione biologica di tentacoli, anche se non hanno le caratteristiche di quelli di polpi, seppie, calamari e totani, e sembra che abbiano funzione esclusivamente recettiva. I due tentacoli superiori sono caratterizzati da un piccolo punto oscuro all’estremità e, grazie a fotorecettori, sono sensibili alla luce e al buio; non ci sono evidenze sufficienti per riconoscere loro una capacità chemorecettiva di sostanze volatili. I due piccoli tentacoli inferiori sono dotati di chemorecettori per composti odorosi come quelli dell’olfatto, ma anche di recettori in grado di legare composti non volatili contenuti nei cibi, come quelli del gusto. Una delle ragioni all’origine del “mito dei 4 nasi” è che le lumache sembrano adoperare tutte e quattro le antennine per cercare il cibo.

Allo stato attuale delle conoscenze, quindi, le due antennine superiori sarebbero antecedenti filogenetici degli occhi e quelle inferiori di naso e bocca, ma i singoli tipi recettoriali non sono confinati in modo circoscritto e preciso nelle singole aree, come accade per gli organi esopercettivi di animali più evoluti. [BM&L-Italia, novembre 2024].

 

La vita: dal destino ineluttabile al presente agito dell’Arte del Vivere. Riceviamo la seguente provocazione da visitatori del sito e proviamo a dare una risposta.

Comprendere la realtà non cambia molto le cose: l’uomo rimane preso come nell’antichità tra il destino ineluttabile, evocato quando le cose vanno male, e l’illusione di essere padroni della propria esistenza quando eventi positivi sono motivo di ottimismo e speranza.

[Amici del Pensario Filosofico]

 

La stimolante provocazione si introduce con una conclusione di sapore pessimistico e di laconica, lapidaria e apodittica certezza, ma è il motivo che segue, e da cui trae origine, ad attrarre la nostra attenzione. Infatti, riteniamo che la costante dell’esperienza umana citata sia tale in quanto attinge alla radice psicoantropologica della comune reazione agli eventi della vita. Ma è proprio il riconoscimento del piano psicologico sottostante al filosofare sul destino e sull’essere o meno artefici del proprio destino a introdurre l’elemento della variabilità individuale, che mette in crisi l’uniforme generalità implicata nell’affermazione. Altra cosa è poi discutere se la comprensione della realtà sia veramente e sempre ininfluente o irrilevantemente influente (“non cambia molto le cose”) sulla vita di chi conosce e comprende.

Per rimanere al registro psicologico sottostante l’affermazione filosofica, si può facilmente affermare che uno stato mentale di impronta depressiva porta a interpretare tutta la vita nei termini della sua fine, della morte, ossia dell’unica realtà per tutti ineluttabile. È quell’ambiente mentale e ideativo che porta la caducità al centro del proprio interesse, quella Vergänglichkeit che diede il titolo a un saggio di Freud[2], in cui l’ideatore della psicoanalisi riporta un suo dialogo col celebre poeta e romanziere austriaco Rainer Maria Rilke, in una passeggiata di fine estate. Il poeta, riflettendo sulla mortalità delle persone e sulla fine cui sono soggette tutte le creature e le cose di questo mondo, ossia la caducità del reale, ne desume un rassegnato sconforto; al contrario, Freud, che pure comprende lo stato d’animo e in parte condivide la riflessione, trova che proprio la caducità conferisce ulteriore valore e bellezza alla realtà.

Se si assume in filosofia la prospettiva di Rilke, tipica dell’ideazione depressiva, allora si giustifica l’idea che comprendere la realtà non cambia le cose, se le “cose” sono la morte e tutto ciò che, in quanto negativo, la richiama. Ma, a ben vedere, si tratta di una posizione “al limite”: senza rendersene conto si giudica tutta la vita in base al suo opposto. La massima parte delle visioni del mondo (Weltanschaunung) riguarda la materia dei contenuti della vita di cui ciascuno fa esperienza; tutti gli edifici di pensiero filosofico da Platone ad Hegel, su cui si è costruita la civiltà occidentale e, attraverso influenze politico-economiche e culturali, anche buona parte della civiltà orientale, sono strutturati sui contenuti del vissuto individuale e collettivo che assume implicitamente i valori biologici legati ai bisogni dell’organismo ed esplicitamente i valori ideali capaci di conferire senso e qualità alla vita di tutti e di ciascuno.

Se si eccettua il nihilismo e le tesi assimilabili, tutti i sistemi di pensiero si situano all’interno dell’esperienza della vita e della sua qualità: le differenze variano in una gamma che va dal materialismo estremo che attribuisce valore esclusivamente a ciò che ha incidenza materiale, fino all’ascetismo puro e all’integralismo cristiano del rinunciare a ogni piacere materiale in vista della vita eterna, ma l’ancoraggio al senso e al valore dell’esperienza esistenziale è universale e caratterizza una radice antropologica transculturale.

Allora, comprendere la realtà cambia le cose per la massima parte delle persone. Perché comprendere la realtà del corpo consente di curare malattie e salvare la vita o prolungarla; perché comprendere la realtà del mondo consente di adottare strategie per perseguire i propri fini ed evitare di soccombere per effetto di azioni ordite a proprio danno; perché capire, in ogni ambito dello scibile umano, conferisce una sia pur piccola potenzialità, che può trasformarsi in possibilità.

L’idea stessa di “destino” nasce da un processo psicologico di razionalizzazione, che tende a consolare e lenire la reazione emotiva di fronte a ciò che non si è potuto evitare, scongiurare, procrastinare, neutralizzare, convertire, abbattere, demolire, sconfiggere, mitigare o eliminare. Il destino, il Fato, quale personificazione deificata di un’entità astratta concepita e trasmessa culturalmente nel mondo classico, non sono altro che creazioni della mente per ottenere il ristoro delle condizioni di equilibrio, normalmente conservate nella consapevolezza di non aver colpa di un male o di una sciagura.

Anche l’espressione “illusione di essere padroni della propria esistenza” potrebbe essere giudicata alla luce di queste considerazioni che legano il pessimismo a uno stato funzionale della mente caratterizzato da umore depresso. Ma in questo caso non possiamo evitare di notare che l’implicito cui rimanda l’enunciato è tutt’altro che scontato e condivisibile: cosa si intende per essere padroni? Se non si chiarisce il senso che si attribuisce a questa locuzione, non si può esprimere un’opinione circa il fatto che sia “illusoria”.

Se nell’essere padroni si nasconde ancora un nucleo di senso infantile, che concepisce la libertà come arbitrio totale che prescinde dalla ragionevolezza e dai vincoli biologici e sociali, allora è facile dire che l’essere padroni di sé è sempre illusorio, perché quella padronanza non esiste nella realtà umana. Se, al contrario, per padronanza di sé di intende la capacità di gestire bisogni, impulsi, tendenze e reazioni in funzione del proprio bene e di quello delle persone che ci circondano, allora la padronanza esiste, e non è illusoria. Il problema è che la definizione della padronanza, prima del suo ottenimento come meta raggiunta, richiede lo stabilire un modello, conoscere modi e strumenti per sviluppare le abilità necessarie a perseguirne la realizzazione, ed esercitarsi ogni giorno a questo fine nella realtà di eventi e circostanze quotidiane. Un aspetto della padronanza, ossia la signoria di sé, è stato un obiettivo delle principali scuole filosofiche classiche ed ha assunto un ruolo non marginale nella cultura neoplatonica rinascimentale.

Se si intende questo per padronanza di sé, allora si avrà chiaro che la padronanza della propria vita consiste in un nucleo di gestione della propria persona che non va confuso con il regime di vita legato al ruolo sociale e lavorativo, spesso inserito in una complessa realtà economica ed economico-politica. Accade anche, e questo lo si può rintracciare al fondo del pensiero di alcuni pessimisti e nihilisti, che vi sia un “non-detto” non consapevole costituito da una sorta di idealizzazione della forma del potere economico-politico in un modello che può tutto, simile al re della fantasia dei bambini, applicato all’idea di “essere padroni della propria vita”.

Nel seminario permanente sull’Arte del Vivere noi studiamo, fra l’altro, i modi più congeniali al nostro equilibrio interiore per essere efficacemente attivi nel presente, agendo sulla base di ciò che abbiamo conosciuto e compreso del nostro cervello, della nostra mente e della nostra vita. [BM&L-Italia, novembre 2024].

 

Notule

BM&L-09 novembre 2024

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Note e Notizie 05-10-24 Notule.

[2] Vergänglichkeit fu scritto nel novembre del 1915 e pubblicato l’anno dopo.